mercoledì 25 febbraio 2009

AMORE SACRO E AMOR PROFANO

In questo dipinto, Tiziano giovane, vuole celebrare l'Amore , nel dualismo di Sacro e Profano.
Lo stemma impresso sul sarcofago-fontana è del patrizio veneziano Niccolò Aurelio.
Quindi il committente dell'opera fu il patrizio veneziano,che forse la volle per offrirla come dono di nozze alla sua sposa,Laura Bagarotto, al fine di farsi perdonare di averle mandato a morte il padre.
Poiché questa opera si riporta al matrimonio fra l'Aurelio e Laura Bagarotto, rientra tra i quadri così detti "d'occasione": il tema matrimoniale restringe perciò il campo dell'interpretazione allegorica.
Nel suo saggio su Tiziano, la storica dell'arte, Rona Goffen, dà un'interpretazione "femminista": la donna vuol rappresentare la coincidenza tra "castità e sessualità" insita nel matrimonio e celebrata dal Maestro.
Rifacendoci alle interpretazioni tradizionali si può tuttavia rilevare altre conclusioni:
la donna vestita è la personificazione dell'Amore terreno;il vaso di preziosi vuole alludere alla felicità temporanea, quella cioè che si può avere durante la nostra effimera esistenza; la corona di mirto che si intravede tra i suoi capelli e i rametti di mirto che stringe nella mano, sono il simbolo di Venere ma anche della fedeltà coniugale;sullo sfondo, dietro di lei, si intravedono due conigli che simboleggiano la fertilità.
Cupido, al centro del sarcofago-fontana, vuole simboleggiare che si tratta della sorgente dell'Amore.
Le scene cruente che si vedono al centro del sarcofago, per alcuni rappresentano un'allusione alle tragiche vicende storiche della famiglia Bagarotto; da altri invece sono spiegate come scene di castigo, quel castigo con cui si deve punire e frenare la passione sensuale. Per altri ancora queste scene servono a capire che la donna vestita è Proserpina, dato che dalla parte sinistra del sarcofago si vede il ratto di Proserpina, mentre dall'altro lato Venere, soccorrendo Adone ferito da Marte, si punge un piede: chiari quindi sono i simboli di morte e di vita.
Venere Urania rappresenta la felicità eterna, celestiale e l'Amore spirituale; il manto rosso e la fiaccola che arde nella sua mano, sono il simbolo della sua natura passionale.
Sullo sfondo, alle sue spalle si vede una chiesa per sottolineare il carattere sacro della Venere celeste; il paesaggio è montuoso e per un sentiero si inerpica un cavaliere: questo per significare che il cammino per raggiungere la virtù suprema è lungo e faticoso.

Secondo certe fonti la donna che raffigura Venere era Angela del Moro, detta Zanfetta, cortigiana dell'epoca, di nobili origini; era molto colta ed amica di uomini di lettere quali il Bembo e l'Aretino. Fece da modella a numerosi artisti fra i quali Tiziano.

Sicuramente Tiziano si ispirò alla concezione neoplatonica di Marsilio Ficino, secondo la quale la bellezza terrena è specchio di quella celeste; si può notare che mentre l'Amore profano è quasi in penombra su di uno sfondo abbastanza cupo, l'Amore sacro è in piena luce e radioso nel suo mantello rosso.
Questa è l'unica opera di Tiziano in chiave neoplatonica, corrente tipica dell'ambiente toscano contrapposto all'aristotelismo di Venezia.



Olio su tela. Roma,Galleria Borghese

sabato 14 febbraio 2009

DEDICATO A PAOLA


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Amore e Psiche di William Adolphe Bouguereau

lunedì 9 febbraio 2009

LA PRIMAVERA

Quando il Vasari, nel 1568, vide questo dipinto nella Villa Medicea di Castello, lo descrisse come "Un'altra Venere che le Grazie la fioriscono, dinotando la Primavera".
La splendida opera di Sandro Botticelli fu eseguita proprio per quella Villa, anche se figura nell'inventario della dimora urbana di Lorenzo e Giovanni, figli di Pierfrancesco de' Medici.
Quando, nel 1476, il loro padre morì, i due passarono sotto la tutela del cugino Lorenzo (il Magnifico ) che li consigliò di comprare la Villa di Castello nel 1477.

La grande tavola raffigura il Regno di Venere, dea che viene collegata alla primavera e al mese di aprile: posta al centro dell'opera, sovrastata da Amore, rappresenta la virtù dell'humanitas e l'amore spirituale, che possono elevare l'anima fino a Dio e renderla immortale.
Le figure mitologiche si susseguono da destra a sinistra ed è infatti da destra a sinistra che, usualmente, si compie la lettura.
La prima cosa che colpisce l'occhio sono due alberi inclinati, che contrastano con tutti gli altri ben eretti: sembra quasi un invito ad iniziare la lettura perché chi piega quei tronchi è il primo personaggio: Zefiro ( Favonio ).Il vento primaverile, con il "soffio della passione" feconda Clori, ninfa dalla cui bocca sgorgano fiori.


Costei si trasforma in Flora dalla veste letteralmente cosparsa di fiori; Flora, dea della Primavera, rappresenta l'unificazione di princìpi opposti: Castità ( Clori) e Amore ( Zefiro).

Al fianco sinistro di Venere stanno le tre Grazie ( le Horae della Primavera ) che, quasi eteree, danzano con leggiadria: Castitas viene iniziata ai misteri amorosi dalle sorelle Voluptas e Pulchritudo; in alto Amore (Cupido) sta per scoccare la freccia della passione in direzione di Castitas.



Infine troviamo Mercurio che disperde le nubi con il suo caduceo:il suo compito è di svelare i misteri d'Amore.
Le varie specie floreali e arboree sono circa cinquecento e sono rese con estrema precisione botanica, forse anche con l'aiuto della traduzione della "Naturalis Historia" di Plinio: di fiori è cosparso il prato calpestato dai vari personaggi e, tutt'intorno si levano siepi di alloro e aranci.

Le fonti classiche a cui l'artista si ispirò sono sicuramente le "Odi" di Orazio,il "De rerum natura" di Lucrezio , i "Fasti" di Ovidio; attinse anche alle "Stanze per la giostra" del contemporaneo Agnolo Poliziano; il Poliziano in effetti compose la sua opera tra il 1475 ed il 1478, periodo in cui il Botticelli eseguiva "La Primavera".
Tale lasso di tempo non concorda con alcuni critici, che collocano la Primavera tra il 1482 e il 1483.

Dal punto di vista simbolico, si nota che tra le piante ci sono anche il cipresso e il tasso, oltre al melograno e al ranuncolo sulla fronte di Flora, che hanno notoria locazione cimiteriale e quindi vogliono alludere alla morte: questo avvalorerebbe la tesi secondo cui, l'opera botticelliana, ha un significato funebre, in ricordo di Simonetta Cattaneo, amata platonicamente da Giuliano de' Medici e, di Giuliano stesso, ucciso nella congiura dei Pazzi nel 1478 .
Sembra però assurdo che la festosità che si nota nella Primavera, voglia ricordare il senso della morte.
In realtà la maggior parte delle piante e dei fiori dipinti, hanno significati di gioia e di amore, o comunque significati positivi;ne citerò alcuni:
gli aranci sono carichi di fiori e frutti; oltre ad essere frutti del Giardino degli Esperidi, le arance amare sono sacre a Venere e ricordano le pene d'amore, simboleggiano il matrimonio ed infine erano i frutti dei Medici perché somigliano alle palle dorate del loro stemma;
il mirto è sacro a Venere: con questa pianta la dea coprì la sua nudità al momento della sua nascita dal mare ( come ci racconta Ovidio nei "Fasti" ); il mirto è pure un simbolo di matrimonio , amore e desiderio sessuale;
l'alloro simbolo di gloria e di fama.

Alcuni hanno voluto notare che i fiori del prato non sembrano per niente calpestati, nonostante i cinque personaggi, tra cui tre danzanti addirittura: c'è da rilevare che, molto probabilmente, il fatto è dovuto al voler rappresentare il miracolo primaverile nel suo nascere.

Ho voluto parlare della "Primavera" forse nel desiderio inconscio che, la bella stagione finalmente arrivi a sostituire i rigori del'inverno che quest'anno è stato particolarmente tedioso.

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Firenze. Galleria degli Uffizi.

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