venerdì 25 dicembre 2009

NATALE

Natività di Geertgen tot Sint Jans ( 1480- 85 circa; Londra National Gallery )

Con questo delicato e suggestivo dipinto che non è tra i più conosciuti ma che, secondo me, riassume bene in sè tutta la magia del Natale, voglio augurare a tutti gli amici che possano trascorrere in letizia e serenità le prossime Feste.

venerdì 4 dicembre 2009

4 dicembre : SANTA BARBARA



Non vi sono dati storici certi su Barbara: pare che fu martirizzata durante le persecuzioni di Massimiano intorno al IV secolo.
La figura della Santa entra nella leggenda con la pubblicazione degli Atti nel VII secolo a cui segue la pubblicazione della Legenda Aurea redatta da Jacopo da Varagine ( Varazze) .
E' considerata la protettrice di tutti coloro che vivono in pericolo di morte improvvisa e, in particolare di artiglieri, muratori, pompieri, architetti, campanari.. tali protezioni si comprendono dalla storia della sua vita.

Era figlia di Dioscuro re di Niccodemia: il padre la rinchiuse in una torre, costruita appositamente, allo scopo di non farla vedere a nessuno; questo non impedì che ci fossero numerosi pretendenti alla sua mano.
Nel frattempo Barbara si era convertita al Cristianesimo: durante l'assenza del padre, chiese agli architetti di aggiungere una terza finestra nella sua torre, in onore della Trinità.
Quando il padre venne a conoscenza di questi fatti, accecato dalla collera,la consegnò al giudice per farla condannare a morte: lo stesso padre, si sostituì al boia per eseguire la sentenza.
Barbara fu decapitata e immediatamente il padre ,colpito da un fulmine, morì incenerito.

L'origine del suo nome è greca e significa: straniera.
Invocata per protezione contro il fulmine, fu venerata già nel VII secolo: è tra i quattordici Santi Ausiliatori e tra le "Quatuor Virgines Capitales"( le altre sono:Santa Dorotea, Santa Margherita e Santa Caterina ).
In genere viene raffigurata con un ramo di palma, con penne di pavone e il suo attributo è una torre che spesso ha tre finestre. Talvolta ha una corona.





Nel dipinto di Robert Campin, dalla finestra si intravede la torre dove il padre Dioscuro la imprigionerà.
Nella cappa del camino, la scultura rappresenta nell'iconografia, la devozione di Barbara alla Trinità.
La Santa è qui raffigurata mentre sta leggendo e studiando le Scritture.






Immagini nell'ordine:
1- di Cosimo Rosselli-S.Barbara con Giovanni Battista e S.Paolo- 1468 Firenze- Galleria dell'Accademia-
2- Jan Van Eyck- Santa Barbara- 1437- Anversa, Koninklijk, Museum voor Schone Kunsten-
3-4- Lorenzo Lotto- Storie di Santa Barbara- 1524- Oratorio Suardi di Trescore Balneario (BG) insieme e particolare-
5- Robert Campin- Santa Barbara- 1438- Madrid Prado-

venerdì 17 luglio 2009

ARRIVEDERCI

Cari amici, da diverso tempo non mi affacciavo più nel mio blog: ho trovato i vostri commenti nel post precedente e mi hanno fatto piacere.
Mi scuso di non aver più fatto visita a nessuno ma sono stato preso da altre cose e spesso la stanchezza ha prevalso sulla mia intenzione di riprendere un dialogo con voi iniziato piacevolmente.
Tornerò a Ottobre proponendo altre immagini da apprezzare insieme.
Mi congedo temporaneamente con l'opera di Vittore Carpaccio " Commiato degli ambasciatori" che cercherò di approfondire al mio ritorno.
UN CARO SALUTO A TUTTI E BUONE VACANZE!

dal ciclo delle"Storie di S.Orsola" Venezia- Galleria dell'Accademia-

domenica 12 aprile 2009

RESURREZIONE

La Resurrezione, opera di Piero della Francesca, è custodita nel Museo Civico di Sansepolcro in provincia di Arezzo. Fu eseguita dall'artista fra il 1463 ed il 1465.
Il fulcro di questo capolavoro è costituito dalla figura di Gesù Risorto che divide in due il paesaggio retrostante: a destra una natura rigogliosa si contrappone a quella morente del lato di sinistra; tutto questo ha un valore simbolico identificabile nell'eterna lotta tra il Bene e il Male.
Da notare che Piero della Francesca in quest'opera raffigura il Cristo Pantocratore proprio della classica iconologia bizantina, e gli pone in mano lo stendardo di parte guelfa.

Da tempo avevo programmato un post sulla Resurrezione da fare in occasione della S.Pasqua: in questi momenti di tristezza per i nostri fratelli colpiti dal disastro , pensare alla Resurrezione credo sia di augurio affinché presto possano rialzarsi dalla disperazione.

mercoledì 25 febbraio 2009

AMORE SACRO E AMOR PROFANO

In questo dipinto, Tiziano giovane, vuole celebrare l'Amore , nel dualismo di Sacro e Profano.
Lo stemma impresso sul sarcofago-fontana è del patrizio veneziano Niccolò Aurelio.
Quindi il committente dell'opera fu il patrizio veneziano,che forse la volle per offrirla come dono di nozze alla sua sposa,Laura Bagarotto, al fine di farsi perdonare di averle mandato a morte il padre.
Poiché questa opera si riporta al matrimonio fra l'Aurelio e Laura Bagarotto, rientra tra i quadri così detti "d'occasione": il tema matrimoniale restringe perciò il campo dell'interpretazione allegorica.
Nel suo saggio su Tiziano, la storica dell'arte, Rona Goffen, dà un'interpretazione "femminista": la donna vuol rappresentare la coincidenza tra "castità e sessualità" insita nel matrimonio e celebrata dal Maestro.
Rifacendoci alle interpretazioni tradizionali si può tuttavia rilevare altre conclusioni:
la donna vestita è la personificazione dell'Amore terreno;il vaso di preziosi vuole alludere alla felicità temporanea, quella cioè che si può avere durante la nostra effimera esistenza; la corona di mirto che si intravede tra i suoi capelli e i rametti di mirto che stringe nella mano, sono il simbolo di Venere ma anche della fedeltà coniugale;sullo sfondo, dietro di lei, si intravedono due conigli che simboleggiano la fertilità.
Cupido, al centro del sarcofago-fontana, vuole simboleggiare che si tratta della sorgente dell'Amore.
Le scene cruente che si vedono al centro del sarcofago, per alcuni rappresentano un'allusione alle tragiche vicende storiche della famiglia Bagarotto; da altri invece sono spiegate come scene di castigo, quel castigo con cui si deve punire e frenare la passione sensuale. Per altri ancora queste scene servono a capire che la donna vestita è Proserpina, dato che dalla parte sinistra del sarcofago si vede il ratto di Proserpina, mentre dall'altro lato Venere, soccorrendo Adone ferito da Marte, si punge un piede: chiari quindi sono i simboli di morte e di vita.
Venere Urania rappresenta la felicità eterna, celestiale e l'Amore spirituale; il manto rosso e la fiaccola che arde nella sua mano, sono il simbolo della sua natura passionale.
Sullo sfondo, alle sue spalle si vede una chiesa per sottolineare il carattere sacro della Venere celeste; il paesaggio è montuoso e per un sentiero si inerpica un cavaliere: questo per significare che il cammino per raggiungere la virtù suprema è lungo e faticoso.

Secondo certe fonti la donna che raffigura Venere era Angela del Moro, detta Zanfetta, cortigiana dell'epoca, di nobili origini; era molto colta ed amica di uomini di lettere quali il Bembo e l'Aretino. Fece da modella a numerosi artisti fra i quali Tiziano.

Sicuramente Tiziano si ispirò alla concezione neoplatonica di Marsilio Ficino, secondo la quale la bellezza terrena è specchio di quella celeste; si può notare che mentre l'Amore profano è quasi in penombra su di uno sfondo abbastanza cupo, l'Amore sacro è in piena luce e radioso nel suo mantello rosso.
Questa è l'unica opera di Tiziano in chiave neoplatonica, corrente tipica dell'ambiente toscano contrapposto all'aristotelismo di Venezia.



Olio su tela. Roma,Galleria Borghese

sabato 14 febbraio 2009

DEDICATO A PAOLA


^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^

Amore e Psiche di William Adolphe Bouguereau

lunedì 9 febbraio 2009

LA PRIMAVERA

Quando il Vasari, nel 1568, vide questo dipinto nella Villa Medicea di Castello, lo descrisse come "Un'altra Venere che le Grazie la fioriscono, dinotando la Primavera".
La splendida opera di Sandro Botticelli fu eseguita proprio per quella Villa, anche se figura nell'inventario della dimora urbana di Lorenzo e Giovanni, figli di Pierfrancesco de' Medici.
Quando, nel 1476, il loro padre morì, i due passarono sotto la tutela del cugino Lorenzo (il Magnifico ) che li consigliò di comprare la Villa di Castello nel 1477.

La grande tavola raffigura il Regno di Venere, dea che viene collegata alla primavera e al mese di aprile: posta al centro dell'opera, sovrastata da Amore, rappresenta la virtù dell'humanitas e l'amore spirituale, che possono elevare l'anima fino a Dio e renderla immortale.
Le figure mitologiche si susseguono da destra a sinistra ed è infatti da destra a sinistra che, usualmente, si compie la lettura.
La prima cosa che colpisce l'occhio sono due alberi inclinati, che contrastano con tutti gli altri ben eretti: sembra quasi un invito ad iniziare la lettura perché chi piega quei tronchi è il primo personaggio: Zefiro ( Favonio ).Il vento primaverile, con il "soffio della passione" feconda Clori, ninfa dalla cui bocca sgorgano fiori.


Costei si trasforma in Flora dalla veste letteralmente cosparsa di fiori; Flora, dea della Primavera, rappresenta l'unificazione di princìpi opposti: Castità ( Clori) e Amore ( Zefiro).

Al fianco sinistro di Venere stanno le tre Grazie ( le Horae della Primavera ) che, quasi eteree, danzano con leggiadria: Castitas viene iniziata ai misteri amorosi dalle sorelle Voluptas e Pulchritudo; in alto Amore (Cupido) sta per scoccare la freccia della passione in direzione di Castitas.



Infine troviamo Mercurio che disperde le nubi con il suo caduceo:il suo compito è di svelare i misteri d'Amore.
Le varie specie floreali e arboree sono circa cinquecento e sono rese con estrema precisione botanica, forse anche con l'aiuto della traduzione della "Naturalis Historia" di Plinio: di fiori è cosparso il prato calpestato dai vari personaggi e, tutt'intorno si levano siepi di alloro e aranci.

Le fonti classiche a cui l'artista si ispirò sono sicuramente le "Odi" di Orazio,il "De rerum natura" di Lucrezio , i "Fasti" di Ovidio; attinse anche alle "Stanze per la giostra" del contemporaneo Agnolo Poliziano; il Poliziano in effetti compose la sua opera tra il 1475 ed il 1478, periodo in cui il Botticelli eseguiva "La Primavera".
Tale lasso di tempo non concorda con alcuni critici, che collocano la Primavera tra il 1482 e il 1483.

Dal punto di vista simbolico, si nota che tra le piante ci sono anche il cipresso e il tasso, oltre al melograno e al ranuncolo sulla fronte di Flora, che hanno notoria locazione cimiteriale e quindi vogliono alludere alla morte: questo avvalorerebbe la tesi secondo cui, l'opera botticelliana, ha un significato funebre, in ricordo di Simonetta Cattaneo, amata platonicamente da Giuliano de' Medici e, di Giuliano stesso, ucciso nella congiura dei Pazzi nel 1478 .
Sembra però assurdo che la festosità che si nota nella Primavera, voglia ricordare il senso della morte.
In realtà la maggior parte delle piante e dei fiori dipinti, hanno significati di gioia e di amore, o comunque significati positivi;ne citerò alcuni:
gli aranci sono carichi di fiori e frutti; oltre ad essere frutti del Giardino degli Esperidi, le arance amare sono sacre a Venere e ricordano le pene d'amore, simboleggiano il matrimonio ed infine erano i frutti dei Medici perché somigliano alle palle dorate del loro stemma;
il mirto è sacro a Venere: con questa pianta la dea coprì la sua nudità al momento della sua nascita dal mare ( come ci racconta Ovidio nei "Fasti" ); il mirto è pure un simbolo di matrimonio , amore e desiderio sessuale;
l'alloro simbolo di gloria e di fama.

Alcuni hanno voluto notare che i fiori del prato non sembrano per niente calpestati, nonostante i cinque personaggi, tra cui tre danzanti addirittura: c'è da rilevare che, molto probabilmente, il fatto è dovuto al voler rappresentare il miracolo primaverile nel suo nascere.

Ho voluto parlare della "Primavera" forse nel desiderio inconscio che, la bella stagione finalmente arrivi a sostituire i rigori del'inverno che quest'anno è stato particolarmente tedioso.

§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§

Firenze. Galleria degli Uffizi.

()()()()()()()()()()()()()()()()

martedì 13 gennaio 2009

NARCISO


Narciso: figlio del dio fluviale Cefisio e della ninfa Liriope. Il suo mito è narrato secondo differenti versioni.
Sicuramente la più famosa è quella narrata da Ovidio nelle Metamorfosi: il poeta dice di lui che è un giovane d' incomparabile bellezza, desiderato da giovani e da fanciulle. Ma lui, incurante di tutti, indifferente alla passione amorosa, si dedica esclusivamente alla caccia trascorrendo le sue giornate in totale solitudine.
Di lui si innamora Eco, una ninfa condannata da Giunone a ripetere le ultime parole udite.
Narciso respinge il suo Amore: rifugiatasi nel bosco, Eco si consuma per amore fino a che di lei resta solo la voce.
Quando un'altra ninfa si innamora del giovane e viene immancabilmente respinta come tutti gli altri pretendenti, questa chiede al Cielo di punire Narciso: il suo desiderio viene esaudito da Nemesi, la dea della Vendetta; un giorno il giovane, stanco per aver cacciato a lungo, si ferma presso una sorgente e, mentre si rinfresca, scopre la propria immagine riflessa nell'acqua: se ne innamora perdutamente.
Rendendosi conto che mai potrà dare il suo amore a quell'immagine, si lascia morire portando così a compimento la vendetta richiesta.
Il suo corpo scompare ed al suo posto nasce un fiore che avrà il suo nome.

Altri narrano che un giorno, chinatosi troppo vicino alla sua immagine riflessa in uno stagno, quasi a baciarla, vi cadde dentro ed affogò: gli Dei, per compassione, lo mutarono nel fiore che porta il suo nome.
Secondo una terza versione, gli Dei lo indussero al suicidio e il fiore nacque dal suo sangue.
********
Spesso Narciso viene raffigurato,pittoricamente, tutto solo mentre si specchia in una fonte ; vicino a lui sempre il fiore che reca il suo nome.
Nella sua opera ad esempio, il Caravaggio lo raffigura da solo; secondo me, il sommo artista,sa rendere perfettamente il momento dell'innamoramento : infatti il giovane sembra estasiato di fronte alla sua immagine e pare non possa proprio separarse più: lui e l'immagine formano un tutt'uno, quasi in un abbraccio... tutt'intorno è oscurità, quasi a voler significare che per Narciso oramai non esiste altro che la sua effigie.
Altre volte invece, vicino c'è anche Eco: nel dipinto di Nicolas Poussin, la ninfa è quasi evanescente: questo molto probabilmente per far capire che la poverina si struggeva a d'amore fino al punto di restare solamente "voce".
Nell'opera di Poussin c'è da notare la fiaccola che il puttino ha in mano: questa vuol simboleggiare la morte di Narciso: infatti con le fiaccole si illuminavano i cortei funerari e poi si usavano per accendere la pira funebre.
Infine, i fiori accanto al giovane ormai esanime, alludono alla metamorfosi di Narciso.
***
Dunque il fiore diventa simbolo di egoismo e di amore per se stessi.
Il significato funerario gli deriva anche dal fatto che lo si credeva un fiore infernale: infatti, Omero, nell'Inno a Demetra ne parla e dice che il fiore fu da Giove creato dalla terra per "compiacere il dio che molti uomini accoglie" cioè Plutone o Ade, dio degli Inferi.
Inoltre in greco, narkissos ha la radice del verbo narkào che significa "intorpidisco, irrigidisco" e quindi dà il senso della morte.



Nell'iconografia cristiana nelle rappresentazioni dell'Annunciazione o del Paradiso, il fiore assume il significato del Divino Amore e della vita eterna che trionfano sulla morte, sull'egoismo e sul peccato; un esempio del Divino Amore ce lo fornisce anche il "Noli me tangere" del Beato Angelico.


******


Ancora il fiore lo si trova nelle iconografie di Cesare Ripa quando per rappresentare la Stupidità, ci mostra una donna che accarezza una capra, tenendo dei narcisi in mano e ha una corona di questi stessi fiori in testa: il Ripa dice, proprio sempre considerando la radice greca narke:"il narciso è fiore
che aggrava e balordisce la testa".
Lo stesso Ripa raffigura L'Amore di se stesso con una donna che sul capo ha una corona di vescicaria, in mano un narciso e ai piedi un pavone.

martedì 6 gennaio 2009

LA CAVALCATA DEI MAGI

"Amico mio singularissimo..." così si rivolgeva a Cosimo de' Medici il pittore Benozzo di Lese, meglio conosciuto come Benozzo Gozzoli, secondo l'appellativo che gli fu dato dal Vasari nella sua opera "Vite".
Sempre il Vasari racconta che fu discepolo dell'Angelico Fra' Giovanni ( Beato Angelico) .
Lavorò anche a Firenze e, anche se rivalutato soltanto anni dopo, fu tra gli artefici dello sviluppo dell'arte e della storia fiorentina.
Essendo in amicizia con la famiglia Medici, fu su incarico di Cosimo che nel 1459 iniziò la decorazione della Cappella del Palazzo di Via Larga, oggi Palazzo Medici Riccardi, con la Cavalcata ( o Corteo o Viaggio ) dei Magi.
L'opera vuole essere la celebrazione della famiglia Medici, in quanto il soggetto religioso viene usato come pretesto per rappresentare il corteo che arrivò a Firenze da Ferrara in occasione del Concilio ( 1438-1439 ): i Medici si prodigarono affinché ci fosse la riunificazione tra la chiesa latina e quella bizantina,dato che l'imperatore di Bisanzio chiedeva aiuto all'occidente in previsione dell'assedio da parte del sultano turco Maometto il Conquistatore alla citta di Costantinopoli.
In realtà la riunificazione non avvenne, ciò non toglie che l'affresco diede comunque grande lustro alla casata dei Medici: soprattutto la parete est della cappella vede raffigurata tra i partecipanti al corteo di Gasparre, buona parte della famiglia Medici.
Cosimo de'Medici detto il Vecchio



Piero de' Medici detto il Gottoso padre del Magnifico.





Lorenzo de' Medici detto il Magnifico




Giuliano de' Medici che morirà ucciso nella congiura dei Pazzi



Carlo de' Medici( figlio illegittimo di Cosimo divenuto vescovo di Prato)






Sempre nel corteo di Gasparre sono raffigurati oltre a numerosi fiorentini illustri, anche


Sigismondo Pandolfo Malatesta


Galeazzo Maria Sforza






Il mago Baldassarre rappresenta
l'imperatore di Bisanzio,
Giovanni VIII Paleologo.











Infine il Mago Melchiorre è il ritratto dell'imperatore Sigismondo di Lussemburgo.

Alcuni critici ritengono che il Mago Gasparre sia Lorenzo de' Medici dodicenne, posto tra i due imperatori d'occidente e d'oriente, a significare l'auspicio della famiglia di futuri destini imperiali.
*************************